Thyroid Life

Ipertiroidismo: quando la medicina ufficiale non basta

La medicina è l’arte di tenere un paziente allegro mentre la natura lo guarisce (Norman Cousins)

Nel precedente articolo ho parlato di terapie e di guarigione dall’ipertiroidismo, una condizione che la medicina allopatica ritiene inguaribile. Oggi proseguiremo la nostra riflessione sulle cure ufficiali e, in generale, sulla medicina moderna.

In tutto il mondo occidentale, e quindi anche in Italia, il modello medico dominante è quello allopatico; quando si parla di medicina ufficiale/convenzionale/standard, o addirittura di medicina ad litteram, ci si riferisce praticamente solo alla medicina allopatica.

La medicina allopatica è una modalità terapeutica il cui scopo è curare i sintomi. Il corpo umano è visto in modo meccanico: ogni parte, per essere compresa, deve essere distinta dalle altre. È per questo che esistono numerose specializzazioni mediche, ognuna riferita a un sistema o organo, e centinaia di diagnosi da manuale, ognuna delle quali ha sempre il suo organo di riferimento, da curare con farmaci appositi o trattamenti più invasivi come la chirurgia.

Questo modello terapeutico è eccellente per le situazioni di emergenza e per i problemi acuti; senza di esso, molte persone morirebbero per infezioni, ferite, incidenti e altri traumi. Però ha anche dei limiti, in particolare nel trattamento delle malattie croniche, perché sono disturbi che colpiscono tutto il corpo e non un organo solo.

I limiti della medicina allopatica

L’organismo umano è una macchina autoreferenziale sviluppatasi in milioni di anni di evoluzione, in cui tutti gli organi (inclusi quelli non vitali come la tiroide) comunicano tra di loro e hanno uno scopo preciso. Concentrarsi solo sull’organo problematico non è solo un approccio miope, ma anche potenzialmente pericoloso, in quanto non tiene conto della visione d’insieme.

Come sappiamo, per quanto riguarda le malattie della tiroide, gli endocrinologi (ovvero i medici allopatici specializzati in disturbi del sistema endocrino, inclusi quelli tiroidei) si focalizzano solo sulla ghiandola perché è da essa che originano i sintomi.

Da oltre mezzo secolo la medicina ufficiale propone le seguenti soluzioni:

Queste modalità terapeutiche, chiaramente, agiscono soltanto sui sintomi senza considerare l’origine del problema, che nel 90% dei casi di ipertiroidismo e ipotiroidismo è nel sistema immunitario.

Dal punto di vista organico, rimuovere chirurgicamente o bruciare la tiroide con le radiazioni non fa altro che togliere al sistema immunitario il suo bersaglio. In assenza di questo, le cellule immunitarie potrebbero prendere di mira un altro organo, dando quindi origine a nuovi sintomi morbosi e portando a una probabile diagnosi di altra malattia autoimmune.

Inoltre, vivere senza tiroide vuol dire essere a tutti gli effetti ipotiroidei; sottoporsi alle terapie definitive per l’ipertiroidismo significa quindi fare a cambio con l’ipotiroidismo. Dal punto di vista medico, è sicuramente preferibile la seconda condizione alla prima, in quanto più facile da trattare e con effetti a lungo termine meno gravi. Tuttavia, anche l’ipotiroidismo è una condizione medica coi suoi sintomi e le sue sfide, che vanno ben oltre i protocolli.

Com’è noto, l’endocrinologia considera ipertiroidismo e ipotiroidismo due disturbi che possono essere corretti semplicemente regolando il TSH. Benché le linee guida relative al trattamento degli scompensi della tiroide siano chiare e verificate dalla comunità medica e scientifica, nella realtà moltissimi pazienti continuano a soffrire e ad avere sintomi, anche quando il TSH e gli ormoni tiroidei rientrano nei limiti grazie alla terapia.

Le terapie sono utili, ma non bastano

Prima di proseguire, è opportuno chiarire che le cure allopatiche per i disturbi della tiroide non sono “sbagliate”. Per esempio, i farmaci tireostatici sono molto utili nelle fasi acute (come la crisi tireotossica, potenzialmente letale), dove possono fare la differenza fra la vita e la morte. Gli ormoni tiroidei permettono a chi non ha più una tiroide funzionante di condurre una vita normale.

Anche nei casi meno gravi, la cura farmacologica è una scorciatoia utile per stare meglio in breve tempo. Talvolta potrebbe non esserci altra scelta o tempo per ragionare, per esempio in caso di cancro, noduli maligni, ostruzione della trachea, gozzo o altri sintomi gravemente debilitanti.

In ogni caso, la terapia medica ufficiale non indaga e nemmeno risolve la causa del problema; nessun medico (o quasi) si chiede perché il sistema immunitario fa voltagabbana, anche perché nessuno lo sa con certezza.

Difficilmente il dottore si preoccuperà di sapere se sei sensibile al glutine, se fai un lavoro stressante, se hai una relazione tossica, un’infezione o un’intossicazione da metalli pesanti.

È proprio per questo che molti pazienti cercano risposte e soluzioni al di fuori della medicina ufficiale. Alcuni vogliono evitare il bisturi, altri non vogliono dipendere a vita da un farmaco, altri ancora vogliono capire perché si sono ammalati, e c’è anche chi ha tolto la tiroide ma continua ad avere sintomi nonostante il TSH sia nei limiti.

Naturalmente c’è pure chi crede che non esista salute al di fuori della chimica e che le parole dei medici siano legge. Dopotutto, se loro dicono che non esiste guarigione per le malattie autoimmuni, che senso ha rivolgersi altrove? Chi può essere più affidabile e informato del medico su questi argomenti?

La cruda realtà sul sistema sanitario

Se anche tu sei di quest’idea ti invito a fare una riflessione.

Ti sei mai chiestə chi decide se una malattia è guaribile o no? Chi decide come curarla? Chi si domanda quali siano le cause?

Finché non abbiamo a che fare con la sanità come pazienti, pensiamo che le persone responsabili di tutto questo siano i medici e gli scienziati. Questo perché crediamo inconsciamente che la nostra salute sia responsabilità di qualcun altro. Purtroppo non è così, o non ci sarebbe bisogno di blog come questo.

Le aspettative verso la classe medica non sempre vengono ripagate. Pur vivendo nell’era del benessere e pur spendendo milioni di euro nel sistema medico/sanitario, ancora si muore per le malattie croniche.

Nel caso della tiroide, gli endocrinologi non sanno perché il sistema immunitario “impazzisce”, non sanno perché la tiroide funziona male, eppure sono sicurissimi di quello che bisogna fare.

In più, la stessa tiroidologia (la branchia dell’endocrinologia specializzata in tiroide) è incoerente. Sulle riviste e sui libri di settore si trovano informazioni contrastanti sui trattamenti e sui criteri diagnostici, cosa che complica ulteriormente la situazione e spiega perché anche i medici possono avere opinioni totalmente diverse fra loro.

Stando così le cose, perché prendere per verità assoluta e accettare che la malattia è inguaribile quando a decretarlo sono persone che non conoscono la causa del problema?

Del resto, dal punto di vista medico, una malattia non è nient’altro che un insieme di sintomi generici a cui è stato dato un nome, una categoria e un codice diagnostico. Nessun paziente rientra mai al 100% nei criteri diagnostici di una malattia.

Il nome quindi è solo un’etichetta, nel concreto non significa nulla; serve solo a prescriverti un farmaco in grado di migliorare i tuoi sintomi e rispedirti a casa senza che nessuno si preoccupi di capire perché ti sei ammalatə. Se torni dal medico lamentando reazioni avverse, non potrà fare altro che prescriverti altri farmaci con cui tamponare gli effetti collaterali di quelli che già prendi, o rimbalzarti ad altri specialisti.

Alla luce di tutto il discorso che abbiamo fatto finora, è logico che focalizzarsi sulle cause e risolvere il problema alla radice dovrebbe essere la scelta più ragionevole e intelligente, eppure non si fa. Perché?

Ripensare le malattie della tiroide

È presto detto: le malattie autoimmuni sono estremamente complicate, e i sintomi così vasti che è molto difficile identificare le cause, che spesso sono legate ad aspetti che non possono e non devono avere una soluzione esclusivamente medica.

Si tratta di una situazione ben diversa da quella che può derivare, per esempio, da una malattia virale, la cui causa è facilmente identificabile. Il fatto che non esista una causa altrettanto rilevante scientificamente dell’autoimmunità ne decreta inevitabilmente l’inguaribilità. In questi casi, non sapendo dove sbattere la testa, i dottori preferiscono dare la colpa alla genetica e imprecisati fattori ambientali perché non sanno che altro dire.

Il punto è che questi problemi sono inguaribili solo se visti dal punto di vista prescientifico; se guardiamo oltre, capiremo che non è così.

Nel sistema sanitario odierno nessuno ci chiede cosa mangiamo, come viviamo o le tossine a cui siamo esposti. Al di là di alcuni temi di particolare interesse sociale come per esempio le campagne di sensibilizzazione sui danni del fumo e sulle malattie sessualmente trasmissibili, gli specialisti non danno abbastanza informazioni sui fattori di rischio che possono compromettere la salute.

Anche i medici più informati potrebbero preferire non parlare per paura di dare false speranze al paziente, o dare per scontato che questi non sia abbastanza disciplinato da responsabilizzarsi sulla propria salute. In una società sempre di fretta, con migliaia di pazienti e pochi medici a disposizione, il tempo da dedicare da ambo le parti è sempre poco e di conseguenza si preferisce dare la priorità alla soluzione più veloce: la cura. I dottori usano le statistiche per capire cosa è normale e cosa no, dimenticando l’aspetto umano e l’unicità di ogni persona.

Naturalmente nessuno mette in dubbio la professionalità dei medici e la loro buona fede nell’aiutare chi sta male. Il vero problema è che operano in un sistema viziato che stabilisce come trattare (non guarire) le malattie. Già durante gli studi, ai medici viene insegnato che niente è guaribile; argomenti fondamentali per la salute, come alimentazione e stile di vita, non sono trattati (o almeno non abbastanza).

La quasi totalità dei medici preferisce attenersi al protocollo terapeutico unico per tutelarsi ed evitare così ripercussioni, denunce o altri problemi. L’intero sistema si regge sulle case farmaceutiche che pagano università, ospedali, medici e scienziati; tutti dipendono da questi soldi e nessuno vuole perderli.

Una volta capito come funziona la medicina, è opportuno accettarne i limiti e andare oltre. Questo ovviamente non vuol dire abbandonare del tutto la terapia standard, ma ridimensionare le aspettative e non focalizzare la propria attenzione solamente su di essa.

Verso una cooperazione multidisciplinare

Sarà ovviamente fondamentale continuare a ricevere il supporto di un endocrinologo per ottenere il massimo beneficio possibile dalla cura e per i consueti controlli di routine.

Se non hai più la tiroide o se è atrofizzata, l’uso degli ormoni tiroidei è indispensabile. Se soffri di ipertiroidismo e stai seguendo la terapia, non è consigliato interromperla di colpo ma procedere con uno scalaggio graduale e controllato per non incorrere in una recidiva o una crisi tireotossica.

Quale che sia la tua situazione, non dimenticare mai il buon senso. Se la cura che stai facendo non ti convince, senti un altro parere professionale e se necessario cambia medico.

Come sappiamo, un problema alla tiroide influenza l’organismo nella sua totalità, in modo diverso da persona a persona. Per questo, oltre all’endocrinologo, potresti necessitare di un supporto multidisciplinare che includa, per esempio: nutrizionisti, psicologi, osteopati, chiropratici e altri operatori olistici.

Seppur difficile, cerca di circondarti di professionisti empatici, curiosi, consapevoli della capacità del corpo di guarire da solo se fornito dei giusti strumenti e che soprattutto sappiano dare valore alla tua capacità intuitiva coinvolgendoti attivamente nel processo di guarigione.

Molti medici, purtroppo, più o meno inconsciamente influenzano negativamente i loro pazienti procurando loro ulteriore danno. In queste circostanze, avere una mente positiva e stabilire un rapporto di reciproca fiducia è di fondamentale importanza.

Al di là del supporto professionale, intraprendere la strada per la vera guarigione significa anche essere disposti a imparare cose che nemmeno il medico conosce. Questo ovviamente non significa ergersi al di sopra di una persona che ha studiato duramente per anni in una università, ma semplicemente mettere la salute al primo posto.

Sarà necessaria molta sperimentazione, pazienza e impegno, ma ne vale la pena: dopotutto, a chi può importare più della tua salute se non a te stessə?