Thyroid Life

Ipertiroidismo: spiegone e testimonianza personale

È molto più importante sapere quale tipo di persona abbia una malattia piuttosto che sapere quale tipo di malattia abbia una persona (Ippocrate)

Quando nel 2013 mi diagnosticarono il morbo di Basedow, non avevo idea di come fosse vivere senza fame costante, problemi intestinali, instabilità mentale, cardiopalmo, sudorazione eccessiva, insonnia, alterazioni continue nei livelli di energia ed eccessiva magrezza. Difatti, se prima della diagnosi consideravo tutti questi sintomi normali talmente vi ero abituata, in realtà non lo erano affatto: avevo l’ipertiroidismo!

In effetti credo di essere stata sempre ipertiroidea, prima di iniziare le terapie e cambiare il mio stile di vita. Ad oggi, riesco a ricordare perfettamente molti disagi che hanno accompagnato la mia infanzia, adolescenza e prima età adulta, che per i medici non avevano una spiegazione e alla fine erano diventati la mia quotidianità.

Se alcuni aspetti della mia condizione potevano avere una parvenza di normalità per una ragazza giovane, come non dormire la notte, avere sempre voglia di cibo spazzatura (nonostante l’evidente sottopeso) e i nervi a fiori di pelle, sicuramente non poteva essere normale avere quindici, venti, trent’anni e...

Tutti questi sintomi sono sempre stati scambiati per stress e alla fine è stato l’enorme gozzo alla base del collo a portarmi alla diagnosi e al riconoscimento dei miei disturbi. Da lì, ho iniziato il mio percorso con la terapia ufficiale e la mia ricerca di una soluzione non invasiva, che alla fine mi ha portato ad aprire questo blog e scrivere queste righe.

Oggi, a oltre dieci anni dalla mia diagnosi, c’è sicuramente molta più informazione sulla tiroide e i disturbi che la colpiscono. Tuttavia, poiché molti dei sintomi di uno scompenso tiroideo sono comuni anche ad altre condizioni, non è sempre facile giungere a una diagnosi in tempi brevi.

Teoricamente dovrebbe essere semplice capire (o almeno sospettare) di avere un problema alla tiroide, per gli effetti sul peso e sull’equilibrio mentale. Tuttavia non è inusuale che i pazienti ottengano diagnosi errate o imprecise, o che addirittura non riescano a trovare risposte ai loro disagi.

Per tutti questi motivi è opportuno capire cos’è, come riconoscerlo e cosa significa vivere con l’ipertiroidismo.

Ipertiroidismo: come si diagnostica

L’ipertiroidismo o tireotossicosi è una condizione medica caratterizzata da un’eccessiva produzione di ormoni tiroidei da parte della ghiandola tiroidea. Questi ormoni, principalmente la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3), regolano il metabolismo del corpo. Quando sono presenti in troppe quantità, possono accelerare molte funzioni corporee, portando a sintomi come perdita di peso improvvisa, tachicardia, ansia, tremori, sudorazione eccessiva, irritabilità, dissenteria, gozzo, difficoltà nel dormire, sporgenza oculare (esoftalmo) e alterazioni cutanee (dermopatia).

Quando si riscontrano i sintomi tipici, è opportuno sottoporsi a una serie di accertamenti per determinare la causa diagnostica del disturbo, da cui dipende la successiva terapia. Questo include esami del sangue relativi agli ormoni tiroidei liberamente circolanti (indicati con le sigle fT4 e fT3) e ad altri marcatori tiroidei come il TSH e gli auto-anticorpi. Talvolta può anche essere richiesta un’ecografia o scintigrafia per valutare lo stato della tiroide, soprattutto se la ghiandola appare visivamente ingrossata.

Più del 90% dei casi di ipertiroidismo è riconducibile al morbo di Basedow (detto anche malattia di Flajani-Graves o gozzo tossico diffuso), un disturbo di tipo autoimmune in cui il sistema immunitario produce TSI (immunoglobuline stimolanti la tiroide, dette anche auto-anticorpi), che sfuggono agli effetti regolatori del TSH e stimolano la tiroide a lavorare senza tregua. Ne consegue che questo disturbo è di origine immunitaria e non endocrinologica come comunemente si crede.

La positività ai TSI, associata a un TSH spesso azzerato e a livelli elevati di ormoni tiroidei, è determinante per la diagnosi. Talvolta sono evidenziabili anche gli auto-anticorpi anti-TPO (tireoperossidasi) e anti-TGB (tireoglobulina), che hanno un effetto progressivamente distruttivo sul tessuto tiroideo e conducono nel tempo al problema opposto, l’ipotiroidismo.

Le cause che incitano il sistema immunitario a produrre queste immunoglobuline sono al momento sconosciute alla medicina, sebbene siano state fatte delle ipotesi in merito. Quel che è certo è che c’è una predisposizione genetica che aumenta il rischio di sviluppare la condizione tra i membri della stessa famiglia, specie se di sesso femminile. I disturbi della tiroide colpiscono infatti soprattutto le donne tra i venti e i quarant’anni.

La tireotossicosi può anche essere conseguenza di noduli tiroidei iperattivi, tiroiditi (di De Quervain, di Hashimoto), tumori della tiroide e sindromi genetiche da resistenza agli ormoni tiroidei. Inoltre, alcune condizioni mediche non tiroidee come la stanchezza surrenale, il diabete, la sindrome dell’ovaio policistico, da iperstimolazione ovarica e alcuni tumori possono manifestare sintomi di ipertiroidismo. A queste bisogna anche aggiungere alcune diagnosi psichiatriche come il disturbo bipolare, da attacchi di panico, d’ansia generalizzato e, meno comunemente, le condizioni depressive. Quindi, arrivare alla diagnosi di ipertiroidismo può essere un processo molto lungo.

Ipertiroidismo, come si cura: trattamenti medici e integrazioni olistiche

Il trattamento dell’ipertiroidismo rientra nell’ambito medico dell’endocrinologia e prevede tre soluzioni: farmaci, radioiodio e intervento chirurgico. Alla diagnosi, la prima scelta è generalmente data alle pillole, con la somministrazione di medicinali antitiroidei e talvolta betabloccanti, da prendere a dosaggio progressivamente minore per almeno un anno, fino alla loro interruzione. In Italia, il farmaco più usato a questo scopo è il Tapazole.

I farmaci sono generalmente efficaci nel controllo dei sintomi, tuttavia non agiscono sulle cause all’origine del disturbo e smettere di assumerli significa quasi sicuramente tornare al punto di partenza nel giro di qualche mese o anno. Alcuni pazienti ripetono più cicli di terapia e, sebbene sia consigliabile non assumere questi medicinali a tempo intederminato, taluni continuano ad assumere il dosaggio minimo per evitare recidive.

In genere, se i risultati ottenuti con i farmaci non sono apprezzabili o stabili nel tempo, il paziente viene invitato a sottoporsi a un trattamento definitivo come la terapia radiometabolica o la tiroidectomia. La prima prevede la somministrazione di iodio radioattivo, che va a depositarsi nella tiroide e la distrugge progressivamente, mentre la seconda consiste nella rimozione chirurgica totale o parziale della ghiandola.

La scelta di una o dell’altra soluzione dipende da diversi fattori come l’età, le condizioni di salute, i sintomi e le necessità del paziente. In entrambi i casi, i risultati sono irreversibili e il paziente dovrà integrare gli ormoni tiroidei dall’esterno per tutta la vita, attraverso appositi medicinali come Eutirox. Come nel caso dei farmaci, anche la chirurgia e il radioiodio non risolvono le cause del disturbo, ma solo i sintomi, e possono dare reazioni avverse.

I trattamenti medici per la tireotossicosi sono da anni al centro di dibattiti, per gli effetti collaterali, l’invasività e la non reversibilità degli stessi. Sebbene la ricerca stia provando a muoversi in questo senso, con lo studio di cure selettive e meno invasive, di fatto l’ipertiroidismo viene ancora curato con le stesse tecnologie di oltre settant’anni fa.

Se da un lato il mancato progresso della ricerca è motivo di controversie, dall’altro è altrettanto vero che l’ipertiroidismo non curato può provocare nel tempo danni alla salute anche peggiori di quelli causati dalle controindicazioni delle terapie, in particolare problemi cardiaci, ossei e cerebrali. Per questo motivo la cura della tiroide è diventata di interesse olistico, con l’introduzione di trattamenti integrativi (non sostitutivi) alle terapie mediche, come integratori alimentari, erbe, regimi alimentari, programmi di allenamento, tecniche psicologiche e terapie mente-corpo.

Conclusione

In questo articolo ho parlato della tireotossicosi, dei sintomi, delle diagnosi principali a cui è associata e di come si cura con la medicina ufficiale. Ho anche accennato i diversi rimedi integrativi che possono essere impiegati assieme alle terapie per massimizzare le possibilità di ripresa dalla malattia.

Quando ho iniziato a fare ricerca, ormai quasi dieci anni fa, in Italia l’ipertiroidismo era ancora considerato un disturbo della tiroide e non del sistema immunitario, mentre gli Stati Uniti, da cui reperivo buona parte delle informazioni, già pullulavano di risorse informative sui limiti dei trattamenti medici e sulle alternative disponibili.

Oggi sembra che anche nel belpaese qualcosa si stia muovendo; c’è più apertura anche da parte della classe medica e una maggiore consapevolezza sui benefici (a volte anche totalmente risolutivi) che può avere lo stile di vita sulla salute del sistema immunitario e, di conseguenza, sulla tiroide e sul benessere generale. Benefici che potrebbero evitare il ricorso a trattamenti irreversibili.

Circa sei milioni di italiani soffrono di un problema alla tiroide, con decine di migliaia di nuovi casi confermati all’anno. A questi bisogna aggiungere anche le persone che faticano ad arrivare a una diagnosi, per la presenza di sintomi sovrapponibili ad altri problemi o perché presentano un quadro sintomatologico inusuale. Difatti, i disturbi della tiroide si palesano in modo diverso da paziente a paziente, con sintomi di intensità variabile.

Come paziente che ha sofferto per anni, pre e post diagnosi, scontrandosi con la miopia medica senza essere presa sul serio (forse anche perché donna), spero che la crescente informazione e sensibilità verso la salute della tiroide prenda sempre più piede. Sebbene esistano delle cure, è importante rimarcare l’importanza di un corretto stile di vita per prevenire e trattare ipertiroidismo, ipotiroidismo e altri disturbi cronici, mettendo al centro il paziente e non la malattia.